Didattica e Arte Contemporanea

18 aprile 2017 - 12:04

L’arte contemporanea o del Novecento non è semplice da spiegare ad un pubblico adulto, come si riesce a coinvolgere un pubblico di ragazzi o di bambini?


Siamo a Palazzo Romagnoli che ospita, dal dicembre 2013, le collezioni del Novecento di proprietà del Comune di Forlì. La didattica è una bella scommessa, ma la fortuna di cimentarci con quel serbatoio prestigioso che è la Collezione Verzocchi, dedicata al tema del lavoro. Sulla didattica ci siamo potuti mettere in gioco grazie ad un tema molto interessante ed ad una settantina di opere molto prestigiose, che spaziano da uno stile semplice e comprensibile a un pubblico di più piccoli, fino all’arte simbolica e astratta.
La didattica con l’arte del Novecento deve partire da un concetto molto semplice, il quale può essere esteso a tutto il rapporto con l’arte: riuscire a far un’esperienza coinvolgente a chiunque si sente portato per l’arte, ma anche a chi entra per caso in un museo. Grazie agli esperimenti condotti dai nostri operatori e dall’atelier Come Ti Di Luna del Comune, che fa un lavoro straordinario proprio con le scuole dell’infanzia, abbiamo capito che l’arte del Novecento attiri i più piccoli per elementi che noi [adulti] definiremmo secondari, se presi con un approccio culturalmente condotto e impostato secondo i nostri studi di Storia dell’Arte; i più piccoli, invece, sono attratti da forme particolari, tridenti, bocche, cerniere, come nel dipinto di Capogrossi, e anche dal pensiero del suono che il lavoro produce. Anche da un quadro del Novecento che non è puramente figurativo, hanno un approccio all’Arte che comporta una dimensione esperienzale notevole.
Palazzo Romagnoli, grazie alle collezioni del Novecento esposte in modo stabile (collezione Verzocchi e tutto il tema legato alla Grande Romagna), offre uno spettro di esperienze non solo per i più piccoli, ma anche per i cittadini forlivesi che qui trovano una casa accogliente dove concedersi una mezz’ora di pausa e curiosità. [Il museo] è una porta che apre ad esperienze che, per i più anziani prevedono un legame con la propria memoria, poiché nella sezione Grande Romagna ritrovano i ricordi d’infanzia, dei sapori, e dei colori delle stagioni della Romagna, se non proprio la memoria dei pittori qui esposti a rotazione, mentre i più piccoli l’esperienza si lega in modo istintivo ai racconti dei propri nonni o famiglie; o anche a questa nuova Romagna che cerchiamo di far vivere in un’ottica di qualità. È un’esperienza didattica per noi ancora artigianale, ma che ci sta portando a scoprire approcci inediti.

 

Come è, invece, il sistema di coinvolgimento degli adolescenti o giovani adulti?

Il coinvolgimento coi giovani che afferiscono alle scuole superiore o coi giovani universitari, avviene normalmente attraverso il canale scolastico, per tramite di quei docenti più sensibili, spesso stimolati da approfondimenti necessari alle loro classi. Essi quindi vogliono un approfondimento al museo, spesso pomeridiano, e per far ciò vengono più volte, vogliono vedere le opere e da lì si pensa ad un progetto personalizzato fatto magari su un gruppo di studenti.
Faccio un esempio: partecipiamo all’iniziativa “Invasioni Digitali”, che comporta un’apertura al mondo digitale, in particolare al mondo giovane degli Instagrammer, i quali sono portati a fissare la propria esperienza in immagini, per poi renderla virale nel mondo dei social. Oppure sfruttiamo eventi, come ad esempio il primo Maggio del 2014, vissuto per celebrare la Collezione Verzocchi esposta da appena sei mesi. Per l’occasione abbiamo fatto un progetto in collaborazione con la Fondazione di Imola chiamato “Imagine of Work”, che era una “chiamata alle armi” su Instagram per scattare foto sul tema del lavoro, come fosse una nuova chiamata del Signor Verzocchi, ma concentrata sul lavoro che c’è o che non c’è, sulle aspettative di lavoro, sul lavoro dei sogni e sul lavoro che ognuno si immagini. Abbiamo avuto una buona risposta con oltre trecento immagini che abbiamo proiettato nella Sala degli Incontri dello stesso Palazzo Romagnoli.
Un altro approccio con gli adolescenti o giovani adulti avviene attraverso la musica o le arti performative, capaci di entrare in dialogo col patriomonio museale. Si trattano di eventi o percorsi con durate diverse, ma che hanno in comuni il desiderio di far in modo che il patrimonio artistico sia la fonte di un’esperienza libera, senza che noi operatori dei musei si decida a priori quello che il patrimonio sia in grado di offrire secondo i nostri schemi.
Questa secondo me è la sfida più bella che il museo possa offrire.

 

Una parola anche sulla Collezione Verzocchi, citata più volte.

La Collezione Verzocchi è la perla delle Collezioni del Novecento. È un’impresa ardita e incredibile del signor Giuseppe Verzocchi, imprenditore nel campo dei refrattari, che tra il 1949 e 1950 invitò i più importanti artisti italiani ad elaborare un’opera sul tema del lavoro, tema a cui li aveva dedicato la vita in maniera tenace, caparbia e appassionata. Richiede un’opera dal formato definito, 90x70 cm, lasciando libertà di svolgimento orizzontale o verticale, accompagnata da un autoritratto e un commento di poche righe dell’artista stesso. Nel 1949 diramò una serie di lettera, tutte identiche tra loro, in cui invitava gli artisti, in maniera garbata, libera e non enfatizzata, ad inserire nell’opera un richiamo al suo marchio, cioè un mattoncino col logo Verzocchi and Romano, fornendo loro il prototipo.
Ottenne una risposta da un primo nucleo di quaranta artisti, i quali a loro volta diffondono l’iniziativa coinvolgendo i principali artisti (abbiamo De Chirico, Depero, Sironi, Carrà, Se Pisis, Campigli, Casorati, Capogrossi, ecc.). L’iniziativa è molto importante, anche perché avvenuta poco dopo l’emanazione del primo articolo della Carta Costituzionale del gennaio 1948. Il signor Verzocchi, di origine forlivese seppur nato a Roma, effettua questa chiamata nel settembre 1949, in un’Italia uscita con le ossa rotte dalla seconda guerra mondiale, ma con una voglia strepitosa di rimettersi in moto, testimoniata anche da questi imprenditori che sposano un amore per l’arte molto particolare ma molto fattivo.