Il Museo Specialistico, strategie di attrazione e comunicazione

25 maggio 2017 - 12:05

Come definite il Museo Specialistico qui a Campogalliano?


Per quello che riguarda la nostra realtà, la definizione di museo specialistico deriva dalla tipologia di oggetti che conserviamo e valorizziamo, cioè strumenti di misura ponderale, bilance, ma anche bascule, stadere, dinamometri, e tutto l’universo di strumenti che servono a misurare la massa.


 

Immagino che il museo sia di difficile comprensione per il pubblico.

Non tanto, perché una volta entrati i visitatori riescono a trovare un mondo che si apre loro e riusciamo a coinvolgere e a stupire i nostri visitatori. La difficoltà è semmai quella di portare i visitatori al museo, perché è difficile farlo conoscere. Da una parte, infatti, ci rivolgiamo al pubblico dei collezionisti e che quindi hanno una preparazione sugli argomenti, o a quello scolastico che hanno utilità nel venire perché trovano degli oggetti che possono supportare le lezioni legati al sistema di misura che sono parte dei programmi, mentre è più difficile trovare un aggancio e la capacità di incuriosire e avvicinare il pubblico generico.

 

Quali sono le iniziative che fate per avvicinarlo?

Cerchiamo di comunicare in un modo piuttosto semplice, senza scadere nel semplicismo, avvicinando così anche il pubblico che non è avvezzo a queste tematiche; inoltre cerchiamo di mostrare come la metrologia, cioè la scienza della misura, sia in realtà qualcosa che pervade la nostra esistenza, facendo notare che, anche se non si utilizzano bilance quotidianamente, si utilizzano tantissimi strumenti di misura diversi. All’interno del nostro museo è possibile farsi un’idea di quello che è l’universo delle misure, partendo da quelle di Massa, che sono l’oggetto forte del nostro museo, fino a parlare di altre grandezze come la capacità, la lunghezza o anche misure meno usuali come la radioattività o il grado di illuminazione.

 

Come narrate il vostre bene specialistico all’interno del museo per coinvolgere maggiormente il pubblico, soprattutto i bambini?


Nel tipo di linguaggio, che poi si riflette sul tipo di appuntamenti e di attività che organizziamo. Se ci rivolgiamo ad un pubblico di collezionisti di misure, cerchiamo di essere molto rigorosi e specifici; allo stesso modo, col pubblico scolastico, cerchiamo di ottenere un mix tra la precisione dal punto di vista scientifico, e la comprensibilità, quindi un livello tarato a seconda dei diversi gruppi di età.
Per il pubblico generico e quello soprattuto legato alle famiglie con bambini cerchiamo di avvicinare attraverso la riflessione sulla pervasività delle misure nella nostra vita, e poniamo l’accento sull’evoluzione tecnologica circa la costruzione degli strumenti per pesare, che molto spesso riguarda aspetti estetici che sono facilmente proponibili anche a un pubblico generico e non particolarmente motivato.


 

Usate giochi o escamotage particolari?

Noi abbiamo la fortuna di conservare gran parte degli oggetti che sono anche strumenti di lavoro, e quindi non temono il fatto di essere approcciati fisicamente. Una prima linea di intervento è quella di far utilizzare gli strumenti, col vantaggio di offrire la possibilità di utilizzare strumenti come quelli antichi, (che non è una cosa scontata) e permette di avvicinare generazioni differenti, come il nonno che mostra il funzionamento della stadera, facendola usare al nipotino.
Un’altra strategia è quella di utilizzare gli strumenti informatici, i quali ormai sono, soprattutto per le nuove generazioni, il modo di comunicare. Sfruttiamo molto le immagini e stiamo lavorando ad un sistema di video-audioguida che permette anche di approcciare il nostro patrimonio sia a distanza sia in loco attraverso l’utilizzo di smartphone e tablet. Sfruttiamo anche elementi giocosi o divertenti: spaziamo da veri e propri giochi che si basano su principi fisici, allo svolgimento di esperimenti applicati al nostro campo di indagini, oppure vere e proprie cacce al tesoro all’interno delle sale del museo.


 

Come mai si è deciso di fare un museo della bilancia proprio qui a Campogalliano, e se ci può raccontare la collezione qua presente?

Questo mi permette di ricondurci al punto di partenza, cioè il Museo della Bilancia è un museo specialistico, ma anche scientifico-tecnologico, del territorio e storico. Il museo nasce da un’esposizione temporanea relativa a strumenti di pesare, realizzata a Campogalliano, perché qui, un piccolo paese tra Carpi, Modena e Reggio Emilia, si costruiscono bilance e strumenti di misura dal 1860, e rappresenta tutt’ora un’attività produttiva molto importante nel nostro comune; questo ha portato la popolazione ad essere esperta su questo campo e ad avere un patrimonio diffuso nelle abitazioni. Nel 1989 l’amministrazione comunale ha deciso di fondare il Museo e dal 1993, grazie all’Associazione Culturale che è nata dalla Cooperativa Bilanciai e il Comune di Campogalliano, gestiamo il museo in maniera proficua.
Qui possiamo trovare una serie di testimonianze relative ad un saper fare del territorio di oltre centocinquanta anni; a questo, ben presto si è allargato agli strumenti per pesare di tuto il mondo e di tutte le epoche, per poi includere tutti gli strumenti di misura. Siamo diventati un museo all’interno del quale è possibile trovare vari tipi bilance ma anche altre misure di capacità e oggetti di questo tipo, e in affiancamento a questo, abbiamo un grandissimo patrimonio documentario.

 

Avete proprio un’appendice nel comune stesso, sul territorio.

Sì, abbiamo una serie di esposizioni esterne. Ci sono delle teche esposte al pubblico nel giardinetto vicino alla sede municipale, ma anche la sede principale del Municipio è decorata e, all’interno delle sale e corridoi del municipio, trovano spazio vari strumenti appartenenti alle nostre collezioni.